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E la parola divenne carne

(tratto da S. Fausti, Una comunità legge il vangelo di Giovanni, Vol I, EDB Ancora, Bologna Milano 2002, 23)

Gv 1,14 e la Parola divenne carne. In greco c’è un termine che significa “divenire, nascere, essere fatto, accadere”. “Divenire” è diverso da “essere”: è un “essere fatto”. Il divenire carne della Parola è il punto di arrivo della storia di Dio che si comunica all’uomo. La Parola eterna, che era rivolta a Dio ed è Dio, in un momento preciso “divenne” carne. Cambia il modo con cui dio comunica con noi: ciò che da sempre era ed è, “divenne” uomo, partecipe della nostra condizione mortale. L’amore o trova o rende simili. Dio è amore e chi ama si dona totalmente. Nel divenire carne il suo dono è completo e definitivo.

La Parola non prende “apparenza” umana, non indossa la nostra carne come un vestito: “diviene carne”, uomo, corpo. Dio assume con la sua creatura una nuova relazione, che è quella di mettersi alla pari con lei per comunicare pienamente con lei. Dio è “un” uomo! Non un uomo “divino e universale”, con un corpo etereo fatto di luce. Dio è un uomo reale e concreto: Gesù. Ogni fragilità, debolezza e limite, l’essere-per-la-morte della nostra condizione, diviene la sua.  E proprio la sua carne, e non altro, rivela la Gloria.

Noi vogliamo essere come quel Dio che pensiamo noi. Facciamo fatica a pensare un Dio che vuole essere come siamo noi. Se ci fa paura un pensiero debole, un Dio debole decisamente ci scandalizza. Quale sicurezza e affidabilità può offrire a noi, sempre in cerca di una roccia stabile su cui fondare la nostra esistenza? Dio è totalmente altro, altro anche dal nostro concetto di altro: talmente altro da essere come noi.

La carne di Gesù –  questo è lo scandalo –  è quella di Dio, della Parola creatrice, della Sapienza che ci rende figli dell’Altissimo. Noi concepiamo Parola e carne in contrapposizione . In realtà ogni carne viene dalla Parola; a sua volta la Parola è vita e luce di ogni carne.

Si attendò. In greco c’è “eskénosen” (=piantò la tenda) che richiama l’ebraico “Shekina”, la dimora di dio con il suo popolo. La Sapienza trova casa tra noi non solo nella Parola e nella legge (Cf. Sir 24,22 ss), ma addirittura nella “carne” di un uomo, che è la sapienza e la Parola stessa.