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Il cantico di Mosè

Tratto da P. Kaswalder – E. Bosetti, Sulle orme di Mosè, Egitto Sinai Giordania, EDB, Bologna  2000, p.35

La pagine poetica di Es 15, nota come “il cantico di Mosè” oppure “il canto del mare”. È un inno di vittoria e di ringraziamento, quasi una somma teologica dell’intero libro dell’Esodo. È il canto di chi, cosciente di essere stato liberato dalla morte, sente di dover vivere ormai in perenne gratitudine. L’inno comincia con il trionfo presso il Mare dei Giunchi (v 4) e prosegue con la celebrazione dei prodigi divini operati nel deserto e poi nella terra di Canaan, fino al compimento dell’esodo che è visto nella costruzione del tempio: “ santuario che le tue mani o Signore, hanno fondato” ( v.17). La prima strofa esprime un coinvolgimento appassionato:

1 Allora Mosè e gli Israeliti cantarono questo canto al Signore e dissero:
«Voglio cantare in onore del Signore:
perché ha mirabilmente trionfato,
ha gettato in mare
cavallo e cavaliere.
2 Mia forza e mio canto è il Signore,
egli mi ha salvato.
È il mio Dio e lo voglio lodare,
è il Dio di mio padre
e lo voglio esaltare! (Es 15, 1-2)

Si canta al Signore, “ maestoso in santità, tremendo nelle imprese, operatore di prodigi”. Al Dio che ribalta le sorti, “il nemico aveva detto: inseguirò, spartirò il bottino…” (v. 9), ma è bastato il soffio del Signore e il nemico è sprofondato come piombo in fondo al mare!

Dio ha fatto ciò che nessuno avrebbe mai potuto fare: non solo ha fatto annegare il cavaliere, ma anche il cavallo! Egli agisce in questo modo a scopo salvifico: perché si spenga nel fondo del mare l’orgoglio dei suoi avversari, al superbia che rende incapaci di riconoscere il Signore. Il luogo di questa straordinaria vittoria è “il mare”, visto come forza negativa minacciosa, quasi una personificazione della stessa morte. Vedi  la rilettura  che di questa pagina fa il libro dell’Apocalisse di Giovanni che elimina il mare dalla nuova creazione: “ Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c’era più” (Ap 21,1). Questi “è il mio Dio e lo voglio lodare”: chi prega così riconosce che JHWH salva attraverso  la morte! Questo cantico, il più pregato da Israele e dalla Chiesa, ha il sapore della vita rinata dal profondo del mare, preludio della vita che esplode dalla tomba di Cristo il mattino di Pasqua.