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La natura della risurrezione di Gesù
e il suo significato storico

di Joseph Ratzinger Benedetto XVI

(tratto da Id., Gesù di Nazaret. Dall’ingresso a Gerusalemme fino alla risurrezione, Libreria editrice vaticana, Città del Vaticano 2011, 302 – 304 passim)

Chiediamoci ancora una volta, in modo riassuntivo, di quale genere sia stato l’incontro con il Signore risorto. Sono importanti le seguenti distinzioni:

  • Gesù non è uno che sia ritornato nella normale vita biologica e che poi, secondo le leggi della biologia, debba un giorno nuovamente morire.
  • Gesù non è un fantasma (uno”spirito”). Ciò significa: non è uno che, in realtà, appartiene al mondo dei morti, anche se può in qualche modo manifestarsi nel mondo della vita.
  • Gli incontri con il Risorto sono, però, anche una cosa diversa da esperienze mistiche, in cui lo spirito umano viene per un momento sollevato al di sopra di se stesso e percepisce il mondo del divino e dell’eterno, per poi ritornare nell’orizzonte normale della sua esistenza.

L’esperienza mistica è un momentaneo superamento dell’ambito dell’anima e delle sue facoltà percettive. Ma non è un incontro con una persona che dall’esterno si avvicina a me. Paolo ha distinto molto chiaramente le sue esperienze mistiche – come ad esempio al sua elevazione fino al terzo cielo descritta in 2Corinzi 12,1-4 – dall’incontro con il Risorto sulla via di Damasco, che era un avvenimento nella storia, un incontro con una persona vivente.

In base a tutte queste notizie bibliche, che cosa possiamo ora dire veramente sulla peculiare natura della risurrezione di Cristo? Essa è un evento dentro la storia che, tuttavia, infrange l’ambito della storia e va al di là di essa. Forse possiamo servirci di un linguaggio analogico, che sotto molti aspetti rimane inadeguato, ma può tuttavia aprire un accesso alla comprensione. Potremmo considerare la risurrezione quasi come una specie di radicale salto di qualità in cui si dischiude una nuova dimensione della vita, dell’essere uomini.

Anzi, la stessa materia viene trasformata in un nuovo genere di realtà. L’uomo Gesù appartiene ora proprio anche con lo stesso suo corpo totalmente alla sfera del divino e dell’eterno. D’ora in poi – dice una volta Tertulliano – “spirito e sangue” hanno un posto in Dio (cfr. De Resurr.mort. 51,3: CC lat. II, 994). Anche se l’uomo, secondo la sua natura, è creato per l’immortalità, esiste solo ora il luogo in cui la sua anima immortale trova lo “spazio”, quella “corporeità” in cui l’immortalità acquisisce senso in quanto comunione con Dio e con l’intera umanità riconciliata. (…)

È essenziale il fatto che con la risurrezione di Gesù non è stato rivitalizzato un qualsiasi singolo morto in un qualche momento, ma nella risurrezione è avvenuto un salto ontologico che tocca l’essere come tale, è stata inaugurata una dimensione che ci interessa tutti e che ha creato per tutti noi un nuovo ambito della vita, dell’essere con Dio.

A partire da lì bisogna anche affrontare la questione circa la risurrezione quale avvenimento storico. Da una parte, dobbiamo dire che l’essenza della risurrezione sta proprio nel fatto che essa infrange la storia e inaugura una nuova dimensione che noi comunemente chiamiamo la dimensione escatologica. La risurrezione dischiude lo spazio nuovo che apre la storia al di là di se stessa e crea il definitivo. In questo senso è vero che la risurrezione non è un avvenimento storico dello stesso genere della nascita o della crocifissione di Gesù. Essa è qualcosa di nuovo, un genere nuovo di evento. Bisogna, però, al tempo stesso prendere atto del fatto che essa non sta semplicemente al di fuori o sopra la storia. Come eruzione della storia che la supera, la risurrezione prende tuttavia il suo inizio nella storia stessa e fino a un cero punto le appartiene. Si potrebbe forse esprimere tutto questo così: la risurrezione di Gesù va al di là della storia, ma ha lasciato una sua impronta nella storia. Per questo può essere attestata da testimoni come un evento di una qualità tutta nuova.