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La simbologia delle nozze di Cana

(tratto da J Ratzinger, Gesù di Nazareth, Rizzoli, Milano 2007, pp. 294 – 295)

A prima vista il miracolo di Cana sembra staccarsi un poco dagli altri segni compiuti da Gesù. Che senso può avere  il fatto che Gesù procuri un’abbondanza di vino –  circa  520 litri – per una festa privata? Dobbiamo pertanto guardare  più a fondo per comprendere che no si tratta affatto di un lusso privato, bensì di qualcosa di molto più grande. Innanzitutto è già importante l’indicazione dei tempo. “Il terzo giorno, ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea” (2,1). Non è molto chiaro a quale data precedente si riallacci il discorso del terzo giorno; a maggior ragione è evidente che all’evangelista sta a cuore proprio questa indicazione temporale simbolica, che egli ci mette a disposizione come chiave di comprensione dell’episodio.

Nell’Antico Testamento il terzo giorno è la data della teofania, come per esempio nel racconto centrale dell’incontro tra Dio e Israele sul Sinai: “Al terzo giorno, sul far del mattino, vi furono tuoni, lampi … era sceso il Signore nel fuoco” (Es 19,16-18). Allo stesso tempo  si può cogliervi  un rimando anticipato alla teofania finale e decisiva della storia: la risurrezione di Cristo nel terzo giorno, nella quale gli incontri iniziali con Dio diventano l’irruzione definitiva di Dio sulla terra; la risurrezione nella quale, una volta per tutte, la terra viene squarciata, assorbita nella vita stesa di Dio. C’è qui dunque  un accenno che si tratta di una prima manifestazione di Dio in continuità con gli eventi dell’Antico testamento, che recano tutti in sé un carattere di promessa e che ora tendono verso il loro completamento. Gli esegeti hanno contato i giorni precedenti in cui si sono avute le chiamate dei discepoli nel Vangelo di Giovanni; risulta allora che questo “terzo giorno” sarebbe al tempo stesso il sesto o il settimo dall’inizio delle chiamate; come settimo giorno, esso sarebbe, per così dire, il giorno della festa di Dio per l’umanità, un’anticipazione del sabato definitivo descritto, per esempio nella profezia di Isaia (“Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte (Sion), un banchetto… di vini eccellenti … di vini raffinati” Is 25,6)

Con questa datazione è collegato un altro elemento fondamentale del racconto. Gesù parla alla madre, Maria, della sua “ora” non ancora giunta… Questa ora non è ancora giunta, occorreva precisarlo per prima cosa. E tuttavia Gesù ha il potere di anticipare misteriosamente questa ora “ora” a modo di segno. Il miracolo di Cana si caratterizza pertanto come anticipazione dell’ora ed è interiormente a essa legato. Come potremo dimenticare che questo emozionante mistero dell’anticipazione dell’ora c’è ancora e di continuo? Come Gesù, dietro la preghiera di sua Madre, anticipa simbolicamente la sua ora e, insieme, rimanda ad essa, così avviene sempre di nuovo nell’Eucaristia; dietro la preghiera della Chiesa, il Signore anticipa in essa il suo ritorno, viene già ora, celebra già ora le nozze con noi, tirandoci così simultaneamente fuori dal nostro tempo, avanti verso quell’”ora”.