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L’Eucaristia cuore della Domenica

di Gianfranco Ravasi

(Intervento al XXIV Congresso eucaristico nazionale Bari 21-29 Maggio 2005)

Al centro della riflessione sarà posta la grande icona della Chiesa di Gerusalemme così come la dipinge Luca negli Atti degli Apostoli: “Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere” (At 2, 42). Quattro sono i punti cardinali di questa mappa dello spirito ecclesiale: essi illustrano in modo esemplare l’intreccio tra eucaristia, domenica e Chiesa.

1. La didachè, ossia la proclamazione e la spiegazione della Parola di Dio. È l’atto primario che convoca il popolo di Dio e che fa “ardere il cuore nel petto”, durante il cammino della vita, come ricorda ancora Luca per i discepoli di Emmaus (24, 27.32). È una Parola efficace che dev’essere “interpretata” e “aperta”, come dicono i verbi greci usati dall’evangelista nel citato racconto pasquale di Emmaus. È una Parola che dev’essere alonata di silenzio e ascoltata perché essa risuona anche come “mistero”, come “voce di silenzio sottile” (1 Re 19, 12).

2. Le preghiere sono il secondo punto cardinale di quella mappa spirituale. Alla Rivelazione risponde l’invocazione. È il momento del dialogo dell’uomo col suo Signore. Esso ha la sua espressione nei Salmi e nel canto: “Cantate inni a Dio, cantate inni, cantate inni al nostro Re, cantate inni…, cantate inni con arte” (Salmo 47, 7-8). La domenica è il tempo della festa, della gioia, della danza della Sapienza davanti al Creatore e Signore (Proverbi 8, 30-31), anticipazione della liturgia perfetta dell’Agnello.

3. La koinonía fraterna è la terza componente che dovrebbe fare da atmosfera di fondo della celebrazione eucaristica, che non per nulla era accompagnata nella prassi antica da un’agape fraterna (e il termine è emblematico!). La domenica non è isola sacrale ma un seme santo che feconda la ferialità. La “liturgia d’ingresso” dell’Antico Testamento che invitava all’esame di coscienza sui peccati commessi contro il fratello (cf. Sl 15, ma si vedano anche le parole di Gesù in Matteo 5, 23-24) e il cosiddetto kerygma profetico, ossia l’annunzio dell’unione stretta tra liturgia e vita, tra preghiera e giustizia, sono elementi capitali per impedire ogni incoerenza tra rito e storia.

4. La frazione del pane è il culmine dell’evento: qui si celebra la koinonía col corpo e col sangue di Cristo, come ricorda Paolo ai Corinzi ed è questa la sorgente della koinonía fraterna che prima si è esaltata (1Cor 10, 16-17). Il momento della comunione è l’esperienza mistica suprema in cui la creatura umana che appartiene al “sesto giorno” entra nel settimo che è il tempo di Dio, ossia l’eternità. L’uomo è pervaso dalla vita pasquale di Cristo che trasforma la nostra caducità mortale, strappandoci così dal limite e facendoci già gustare il sapore dell’eterno, dell’infinito e del divino, in un abbraccio d’amore.