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Tommaso e Natanaele
Gv 1,45-51

(riadattato  da R. Vignolo, Personaggi del quarto vangelo, Glossa Milano 2006, 75-82 passim)

Sotto il profilo narrativo gli itinerari di fede di Tommaso e Natanaele presentano chiari parallelismi. Di questi due personaggi va notato  come nel vangelo rispettivamente il primo apra e il secondo chiuda la serie dei credenti, per essere infine menzionati congiuntamente l’uno accanto all’altro nella lista dei partecipanti alla pesca sul lago di Tiberiade in 21,2.

Entrambi sono personaggi di una scena culminante  di una sequenza narrativa di testimonianze (relative a Gesù Messia in 1,35-44 e a Gesù risorto 20, 1-23), immediatamente antecedente ad un’esperienza di manifestazione  (2,11; 21,1.14) collettiva (rispettivamente Cana 2,1-12; la pesca sul lago 21,1-14). In questa comune posizione conclusiva di sequenze narrative, Natanaele e Tommaso  sono anzitutto destinatari della testimonianza dell’avvenuto incontro diretto con Gesù.  Essa ha per oggetto Gesù rispettivamente come il Messia delle Scritture che viene da Nazareth e come Signore risorto.  Nel primo caso è in gioco il mistero dell’incarnazione, nel secondo il Signore pasquale glorificato…

La testimonianza  su Gesù non viene semplicemente  dopo il tempo di Gesù: lungi dall’essere patrimonio esclusivo del successivo tempo della chiesa, è in realtà cooriginaria alla missione del Verbo nel mondo – come emerge chiaramente dalla figura di Giovanni Battista testimone dell’Agnello, e dalla caratteristica propria  delle scene di vocazione  che in Giovanni sono provocate indirettamente  dalla testimonianza offerta a Gesù –  piuttosto che su sua  diretta chiamata come nei Sinottici.

Sia Natanaele che Tommaso avanzano riserve pregiudiziali relative alla figura cristologica, in rapporto l’uno all’incarnazione, l’altro alla risurrezione (Gesù che viene da Nazareth, può essere il Messia? Può il crocifisso essere risorto?). Ciononostante mantengono disponibilità all’incontro, che puntualmente  si produce, e che comporta sia una visione che una parola (1,46-47; 20,25-26). Entrambi forniscono al lettore una figura di riferimento per una precomprensione nonostante tutto non indisponibile, aperta quanto basta all’evento rivelatore che potrà far loro superare i pregiudizi sui misteri decisivi della persona e della storia di Gesù.

La testimonianza – accolta a denti stretti –  introduce all’incontro diretto, durante il quale Gesù rivela una conoscenza straordinaria dei due personaggi, addirittura antecedente al loro incontro stesso (1,48; 20,57). Da notare come ad entrambi spetta una qualifica di speciale elezione , una denominazione carica di una connotazione collettiva: “Israelita in cui non c’è frode” (1,47) in bocca a Gesù), “uno dei dodici” (20,24: in bocca al narratore)…

Da ambo le parti – a partire da un annuncio testimoniale – è articolato il nesso tra vedere e credere, in termini che includono nel vedere un riferimento alla parola. Non però alla stessa maniera . Mentre infatti Natanale viene rimandato –  assieme ad altri –  ad una futura e più svelata visione  (1,50-51), al contrario la visione acquisita da Tommaso quale base per credere rimanda all’esperienza di quanti in futuro (a differenza dell’apostolo) non avranno più bisogno di vedere per credere (20,29b). In entrambi gli episodi abbiamo quindi un’analoga complementarietà fondamentale di parola e visione in rapporto alla fede (un vedere intrinsecamente riferito alla parola).