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Chi sono i veri parenti di Gesù?

di Marco Tibaldi

Il vangelo di Marco non ci dice nulla della nascita di Gesù e dei suoi primi anni di vita, perché vuole attirare la nostra attenzione su cosa vuol dire essere  suoi famigliari, a quali condizioni cioè si può entrare in intimità con lui.

Dono da chiedere nella preghiera: Poter scoprire la sua chiamata ad essere suoi intimi conoscitori.

Mc 3,31: Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, lo mandarono a chiamare. 32 Tutto attorno era seduta la folla e gli dissero: «Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle sono fuori e ti cercano». 33 Ma egli rispose loro: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». 34 Girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! 35 Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre».

 

Ascoltiamo cosa dice a proposito  questo brano il gesuita S. Fausti «”Chi sono mia madre e i miei fratelli?” Il problema del brano è il discernere se siamo “con lui” o “contro di lui”. Siamo veramente  “suoi” o estranei a lui, siamo”dentro” o “fuori”, ascoltiamo al sua chiamata o lo mandiamo a chiamare, lo seguiamo o volgiamo che lui ci segua, ci lasciamo acchiappare o lo vogliamo acchiappare, accettiamo il suo perdono o lo rifiutiamo, ascoltiamo lo Spirito o lo bestemmiamo? Tutti questi interrogativi toccano la nostra salvezza, che consiste nell’essere “con lui” così come è in realtà, e non come lo vorremmo noi» (S. Fausti, Ricorda e racconta il Vangelo, Milano 1997, 122)

I suoi parenti pensano di conoscerlo solo perché gli sono stati accanto per molto tempo. Si fanno scudo della madre che lo aveva partorito nello Spirito e in quella dimensione lo viveva. Alle volte la troppa vicinanza offusca lo sguardo e impedisce di vedere la novità che c’è nell’altro:  si pensa di conoscerlo già, e quindi che non siano possibili sorprese.

  • Stando fuori, lo mandarono a chiamare. Coloro che pensano di essergli vicini sono in realtà lontani. È Gesù che chiama tutti a diventare suoi discepoli (Mc 3,13 ss), perché stiano con lui e per inviarli, qui invece sono i familiari che lo chiamano, o meglio, lo richiamano a quella che per loro deve essere la sua vita e il cosa deve fare.
  • Girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno. «Questo cerchio di persone che lo ama e ascolta la sua parola sono i suoi. Stanno dentro, mentre gli altri sono “fuori”. Il cerchio richiama un’armonia di unità rispetto a un centro comune a tutti e di uguaglianza tra quelli che stanno intorno. È lui il centro della nostra aggregazione, l’unico Signore che si è fatto servo. E questo diventa libertà per tutti, e unico vincolo di appartenenza reciproca. È pericoloso –  idolatrico addirittura –  quando ci si aggrega attorno ad altri desideri» (S. Fausti, Ricorda e racconta il Vangelo, 126)