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Ein Karem e la visitazione

di S.Fausti, Una comunità legge il vangelo di Luca, EDB Bologna 1998, 36-39 passim

Dono da chiedere nella preghiera: percepire la gioia di essere visitati da Maria

Lc 1, 39-56 In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. 40Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. 41Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo 42ed esclamò a gran voce: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! 43A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?44Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. 45E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto”… 56Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.

  • Mediante Maria, fattasi obbedienza alla Parola, Dio visita il suo popolo e il suo popolo lo riconosce. Questo riconoscimento è il termine del suo piano, fine della sua fatica (Lc 19,44; 13,34), compimento della storia di salvezza (Rm 11,25-36). Il mistero della visitazione è l’anticipo di questo avvenimento escatologico, in cui sarà usata misericordia a tutti coloro che erano rinchiusi nella disobbedienza (Rm 11,32). È  la gioia finale dell’incontro, tanto ostacolato e tanto sospirato, tra sposo e sposa, di cui parla il Cantico. La visita del Signore è il senso della storia personale e universale.
  • Maria in quei giorni andò verso la montagna (v. 39). Maria va «in fretta» a visitare Elisabetta . Non certo mossa da ansia o incertezza, ma da gioia e premura. Non va per curiosità o per accertamento; crede a ciò che le è stato detto circa sua cugina. A Zaccaria che non crede e chiede un segno, Dio non ne dà, se non l’essere muto e inespressivo. A Maria invece, che crede, sarà accordato il vero segno nel riconoscimento di Elisabetta. Se non si crede, il dono di Dio non può essere accolto, qualunque segno si dia.
  • Ed entrò nella casa di Zaccaria e salutò Elisabetta (v. 40). Il saluto ebraico è shalom, pace! Maria augura, promette e porta a questa casa la pace, segno della visita del Signore. Oltre il saluto, chi e’ accolto «benedice» chi lo accoglie. «Dice-bene» di colui che, accogliendolo, «gli dà il bene di condividere con lui il tetto e il pane. L’ospite in Israele è sacro e l’ospitalità una benedizione. In essa si lascia fluire il bene ricevuto,riconoscendone la sorgente inesauribile. Dando il dono donato ci si inserisce nel circolo vitale di Dio.
  • Sussultò il bambino nel suo grembo (v. 44): alla presenza di Maria, sussultano le viscere di Elisabetta. I due bambini si riconoscono prima delle rispettive madri, che pur si conoscevano bene! C’è un riconoscimento viscerale tra promessa e compimento, di cui i rispettivi portatori si accorgono dopo. L’azione di Dio che promette e adempie ci fa trasalire nel profondo. Da questo lo riconosciamo. Questo racconto anticipa la Pentecoste: lo stesso Spirito che la riempirà gli apostoli, qui riempie Elisabetta. L’incontro con il Signore è alla fine sempre questo dono dello Spirito, riconoscibile dai frutti.
  • E beata colei che ha creduto (v. 45): Elisabetta infine chiama beata Maria perché ha creduto nell’adempimento della parola del Signore. È la prima beatitudine, quella fondamentale: la fede nella promessa, che permette al Signore di vivere “oggi” nel credente che lo ascolta. La sua beatitudine di madre di Dio è condivisa da ogni credente che ascolta e fa la Parola (8,21; 11,27ss).