home  »  Meditazioni  »  Emmaus

Emmaus

di Marco Tibaldi

(tratto da M. Tibaldi, La Porta del cielo, ETS, Milano 2013)

Dono da chiedere nella preghiera

  1. Lasciar emergere le delusioni che attribuisco a Dio e che covano nel mio cuore
  2. Gustare la buona notizia che Gesù si rende presente e vicino proprio con coloro che sono in fuga

Lc 24

[13]Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, [14]e conversavano di tutto quello che era accaduto. [15]Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. [16]Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. [17]Ed egli disse loro: “Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?”. Si fermarono, col volto triste; [18]uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: “Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?”.

[19]Domandò: “Che cosa?”. Gli risposero: “Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; [20]come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l’hanno crocifisso. [21]Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. [22]Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro [23]e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. [24]Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l’hanno visto”.

[25]Ed egli disse loro: “Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! [26]Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?”. [27]E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. [28]Quando furon vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. [29]Ma essi insistettero: “Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino”. Egli entrò per rimanere con loro. [30]Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. [31]Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista.

[32]Ed essi si dissero l’un l’altro: “Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?”. [33]E partirono senz’indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, [34]i quali dicevano: “Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone”. [35]Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

Il contesto

In questo celebre episodio troviamo un’altra formidabile catechesi su come incontrare Gesù risorto. L’episodio è estremamente interessante perché parte da un punto in cui si trovano molte persone ieri come oggi: la delusione provocata dal modo di agire di Dio resosi evidente in Gesù.

I due di Emmaus se ne vanno tornano a casa loro perché profondamente delusi da Gesù, e recuperare qualcuno dopo che è stato deluso è un percorso tutto in salita. Non si capisce la loro storia se non ricordando quel che c’era prima: i giorni esaltanti vissuti insieme al Maestro, la speranza di qualcosa di grande, di nuovo che stava per arrivare, i tre anni passati insieme a Gesù a portare la Buona Notizia a Israele, le fatiche, gli spostamenti, l’aver lasciato tutto per investire sul Regno.

Punti per la meditazione

Ed essi conversavano… su tutte quelle cose Ora dopo tre anni è difficile capire cosa fare, perché anche se torni a casa cosa ti diranno quelli che avevi lasciato lì? … “te lo avevamo detto” Non è facile, i due discutono animatamente perché c’è bisogno di capire, commentare, scaricare le tensioni della loro scelta. I due di Emmaus rappresentano tutti i delusi, tutti coloro che avevano delle aspettative nei confronti di Gesù e anche oggi sono delusi. Perché alla fine dei conti è stato bello, tante belle emozioni ma non si è arrivati a niente, forse sono stati dei sognatori ma ora è giunto il momento di ritornare alla realtà. Perciò i due hanno scelto di andarsene, mollare tutto, la delusione è troppo forte e c’è una vita da far ripartire, se ne vanno, qualcuno dice scappano, te la dai a gambe per mettere più metri possibile tra te e ciò che ti ricorda il tuo fallimento.

Gesù in persona… siamo alla prima svolta della narrazione, c’è una novità, un terzo elemento che s’introduce nella scena, il narratore ci dice chi è ma i due non lo sanno. Gesù non abbandona i suoi ma cammina con loro, è al loro fianco e così con ciascuno di noi, nelle nostre fughe, nelle nostre fatiche, lì Gesù c’è. Gesù risorto non se n’è andato per sempre ma è entrato nell’invisibilità per essere sempre al nostro fianco, non è rimasto chiuso in una tomba ma cammina sulle strade degli uomini per fare pasqua con ciascuno di noi. Veste altri panni, ma è la sua persona che si affianca al nostro cammino.

Ma i loro occhi erano incapaci… Perché i due non riconoscono Gesù? Chi ha il cuore deluso ha gli occhi rivolti su di sé, sul proprio ombelico, Gesù lo sa e rispetta la loro situazione, si muove con delicatezza, non s’impone, non usa le superforze per costringerli a riconoscerlo, veste i panni dell’uomo qualsiasi, non è appariscente, anzi, sembra quasi preferire una via di nascondimento, che lasci liberi i due di decidere se accogliere o meno quella presenza, non apre il mantello per svelare la S da superman, come vorremmo noi, ancora una volta tradisce l’aspettativa di un Dio superman che risolva magicamente tutto, l’aspettativa che noi abbiamo su di Lui. Perché non lo riconoscono? Perché si vede bene, si giudica bene solo con gli occhi del cuore, e i loro occhi sono chiusi dalla tristezza.

Ora disse loro: che sono queste parole… Gesù sceglie una via umana, debole, per cui i due presi da se stessi non lo riconoscono, curvi sull’ombelico. Guardiamo come si muove per capire com’è la sua strategia, la sua pedagogia nei confronti di chi ha il cuore deluso. Per prima cosa che fa? 1) s’accosta, si fa vicino, è presente alle loro difficoltà 2) Cosa fa? Chiede: ‘dove sei Cleopa? A che punto sei del cammino, su quale difficoltà sei impegolato? Apriti, sfogati, fai il punto, sputa fuori il rospo che ti tieni dentro’. Non parla, non sputa sentenze, ma soprattutto non dice cosa dovrebbero fare, non dà consigli, suggerimenti, come tutti sono sempre pronti a fare. Ci sono dei passaggi da rispettare, i tempi dell’altro, Gesù non li bypassa, non ha fretta ma lascia che i due sbolliscano il loro dolore e facciano le loro domande.

Noi speravamo che fosse lui… ma alcune donne… Ecco che i due vuotano il sacco, il problema alla fine è di aspettative deluse, noi viviamo delle nostre aspettative e quando queste sono deluse ci crolla tutto. L’aspettativa era di un Messia potente, un Dio potente che cambia tutto usando i superpoteri, la croce non è prevista, non è un modo carino di cambiare le cose, è un modo che sa di sconfitta, di fallimento e i due davanti alla croce fuggono, si arrendono, non siamo programmati per leggerla come un modo per dare la salvezza. La croce per loro è la fine, mentre entrando nella morte Gesù raggiunge il suo fine, salvare entrando nella morte stessa con la forza del suo amore. Le donne li hanno scombussolati ma non convinti, il loro annuncio non è credibile, perché fatto da donne, perché solo Gesù risorto può far comprendere il mistero della sua salvezza.

Ed egli disse loro: Sciocchi e tardi di cuore… Quando Gesù rimprovera lo fa non per demolire ma per aiutare a comprendere, a capire, a cambiare la propria prospettiva. Il rimprovero va compreso nel suo vero significato di “Non avveduti”, tardi cioè lenti nella capacità di amare perché le cose importanti si vedono bene interiormente, con il cuore e se il cuore è lento nella sua capacità di amare non vede a fondo le cose. Il problema è non riuscire a vedere, non essere interiormente disposti nella fiducia che fa comprendere, Gesù non rimprovera mai per demolire ma per costruire, per aiutare i due a comprendere dov’è il problema che li blocca, il cuore deluso è in ritardo nel capire. Lenti ad amare perché se ami riesci a comprendere il fondo delle cose, ci sono cose che si vedono bene solo se si ama. La pedagogia di Gesù è che lui non smorza, non blocca le risonanze dei due ma le incoraggia, le lascia finire, e lascia fluire, e aiuta ad identificare il problema su cui si sono bloccati. Lo stile di Gesù è di non smorzare una candela fumigante, il suo stile è correggere con amorevolezza, comprendere, ascoltare, supportare con le proprie esortazioni.

Non bisognava forse che il Cristo patisse… la morte di Gesù non è un tragico errore, un incidente di percorso. Bisognava che mostrasse coi fatti, lasciandosi catturare dalla morte la verità delle parole, ed è in questo dono estremo che c’è gloria, si rivela tutta la sua gloria, ciò che per loro è scandaloso, che uno pretenda di essere Dio e si sia lasciato umiliare così, visto con gli occhi dell’amore è glorioso…

E iniziando da Mosè e da tutti i profeti… Cosa fa Gesù? Il supereroe si mostra subito coi suoi poteri, mostra il marchio di superman e interviene con potenza, Gesù non forza la situazione, non li costringe con l’evidenza dei fatti ma si mette a narrare, a raccontare la storia di quegli uomini che tanto tempo prima avevano riconosciuto il loro incontro col Signore, lo avevano sperimentato e narrato. Gesù perde tempo coi due, una intera giornata per mettersi semplicemente a narrare, raccontare e spiegare. Il tempo all’improvviso si dilata e diventa infinito, un intero giorno di ascolto della Parola narrata così non solo non è gravoso ma sembra non bastare mai, quando la si è gustata se ne vorrebbe ancora, e poi ancora ed il cammino fisico diventa un cammino interiore in cui gustare, dare spazio a quella narrazione perché incontra la nostra vita. Mosè e i profeti indica tutta la Scrittura, il cuore della stessa.

Ed egli fece come se… Cosa ci fa notare questo particolare dell’evangelista pittore di icone, l’evangelista che dipinge le situazioni mentre le scrive? La finezza di Gesù si rivela ancora una volta, egli non s’impone e lascia liberi i due di stare o meno alla sua presenza, come se avesse altro da fare, ma il suo unico da fare è stare di fronte all’uomo per mostrargli chi è veramente. Siamo di fronte di nuovo ad un bivio (anche reale…) della narrazione: cosa prova/pensa/fa ciascuno dei due a quella svolta? Stupore, desiderio, calore, gioia.. I due agiscono ascoltando quel che si muove nel loro cuore, ed è il desiderio di condividere qualcosa di ancora più profondo. La loro dimore, l’intimità della loro vita, con quell’uomo che gli ha spalancato l’intimità della Scrittura, l’intimità del dono di Dio. E’ uno scambio di intimità ‘resta con noi’ esprime il bisogno di rimanere in quella comunione profonda.

Ed essi lo forzarono… Lo forzarono perché ora tocca loro fare la loro mossa, Gesù si nega un po’ perché occorre che siano loro a decidere cosa vogliono veramente a questo punto: restare con loro immagine precedente di Dio, o accoglierne una nuova? In altre parole: in quale Dio vuoi credere? Vuoi cullarti coi tuoi fantasmi o credere che c’è qualcosa di nuovo nella realtà che ti mostra una nuova immagine di Lui? Siamo chiamati tutti ad una scelta: mi è stato annunciato almeno una volta nella vita un Dio nuovo, voglio ascoltarlo o preferisco rimanere coi miei fantasmi di Gesù? Perché in questa scelta si gioca tutto, Gesù sta per andarsene.. Mi provoca ad una scelta: voglio continuare il cammino con Lui? Glielo devo chiedere.

Spezzato… si spalancarono… se il pane si spezza, possono riceverlo tutti, altrimenti è solo di qualcuno, spezzarlo è necessario per poterlo condividere, questo gesto apre gli occhi ai due perché qui c’era il problema, lo spezzare la vita di Gesù, la sua croce i due non l’avevano capita né accolta, ora invece capiscono. Era necessario che Gesù donasse la sua vita, per poter essere di tutti, anche di chi negava il suo essere da Dio. I due la croce non l’avevano digerita, le loro aspettative non erano in grado di accoglierla, un Dio che si umilia fino a lasciarsi degradare così, e soprattutto lasciarsi salvare da un Dio debole, inerme, invece che da uno potente.

Lo riconobbero…. Ed egli… invisibile prima i due non riuscivano a riconoscerlo, ora si è aperto lo spazio per il riconoscimento: si diventa ciò a cui diamo spazio nella nostra vita, ciò che abbiamo di fronte. Accogliendo la Parola e il pane diventano vedenti, i due passano dalla condizione di non vedenti alla luce, al riconoscimento di Gesù.. Lui c’è accanto a noi ma non riusciamo a riconoscerlo, presi dalle nostre paure. La parola e il pane sono l’antidoto alle nostre paure, permettono il riconoscimento. Ci sono dei passaggi dall’accogliere, all’ascoltare, al riconoscere. Gesù chiede il permesso per entrare nella loro vita, attende il loro sì, per manifestarsi con la sua potenza, sono i sì che gli hanno spalancato la porta. Poiché i loro occhi ora vedono, Gesù non ha più bisogno di essere visto, può rientrare nell’invisibile, non hanno bisogno di vedere fisicamente, perché hanno gustato interiormente la presenza del Signore Gesù. Siamo gente di poca fede e abbiamo bisogno di vedere il signore Gesù, di percepire la sua presenza, per quello Egli ha detto: “Beati quelli che pur non avendo veduto crederanno”.

E levatisi in quella stessa ora… Il Signore è il consolatore, ai due arde il cuore come fu l’esperienza ricordata di Mosè al roveto in cui Dio gli parlò. Il cuore arde perché ci hanno trovato gusto, arde per il gusto interiore della sua presenza, per sentirsi amati da un amore bruciante. Cosa pensano, provano, fanno infatti i due? Stupore, gioia, consolazione, pace…Alzarsi è il verbo della risurrezione, di chi si solleva dopo un lungo sonno, delle energie che si spalancano e ridanno vita, mettono in moto, danno la carica. Ci si rialza dopo che si è caduti, riconoscere il Signore rimette in moto tutte le loro energie, è la sferzata di chi si sente invaso dall’amore di Dio, e non può restare fermo com’era prima.

Ritornano a Gerusalemme… dove nascondersi lontano dal tuo volto Signore? I due ci hanno provato ma il Signore non li ha abbandonati in balia di se stessi e della loro tristezza, e il contraccolpo ricevuto mette in moto tutte le loro energie. Non c’è niente come sentirsi amati che mette in moto le risorse umane, riattivare, cattura, mette in movimento. C’è bisogno di restituire e i due ritornano, non si può tacere un’esperienza così, c’è bisogno di ridire ciò che hanno ricevuto, la missione, il cuore dell’evangelizzazione è questo qui: un cuore che arde per il Signore, due gambe che vanno per incontrare gli uomini. Quando ci è successa una cosa grandiosa abbiamo bisogno di raccontarla a tutti. La cosa grandiosa è che il Signore può spalancare la mente ed il cuore di chi vive nelle tenebre e di fronte alla morte, può rianimare, far ritornare la fiducia e la vita, il Signore è presente nella storia con la Parola e il pane, per fare intimità con noi e ridarci vita.

Ed essi raccontarono… ancora un racconto, una narrazione, perché un’esperienza così non si può tenere per sé ma va narrata ad altri. In questo brano Luca fa di un episodio secondario della risurrezione un inquadratura centrale, l’immagine-tipo di ogni incontro col Risorto che cammina sulle strade degli uomini per riportarli al Padre, donando loro se stesso nella Parola e nel pane spezzato, come nutrimento, e rendendoli testimoni di una esperienza vissuta. Ci sono tutti gli elementi che caratterizzano l’annunciatore: l’incontro, l’esperienza, il ritorno. Tutti possono essere suoi annunciatori perché il Signore non chiede il pedigree, tutti possono essere annunciatori perché si tratta di raccontare una esperienza di vita vissuta, non teorie o ragionamenti.