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La sfida dei profeti di Baal al Carmelo

In questa meditazione presentiamo un celebre episodio dal Primo Libro dei Re, la strage dei profeti di Baal compiuta da Elia al Carmelo. Il brano va letto tenendo conto della sensibilità e della coscienza del redattore biblico di quell’epoca, per il quale era normale, se non doveroso, attribuire a Dio a e ai suoi profeti anche gesti di violenza. Illuminati dalla coscienza di Gesù noi leggiamo e preghiamo questi brani per cogliervi quegli elementi simbolici per far crescere in noi la fede la speranza e l’amore.

Dono da chiedere nella preghiera

  • Scoprire la forza dell’alleanza e della fedeltà all’unico Dio
  • Sconfiggere le illusioni con cui gli idoli e i loro profeti si presentano

1Re, 18

Abdia andò incontro ad Acab e gli riferì la cosa. Acab si diresse verso Elia. Appena lo vide, Acab disse a Elia: “Sei tu colui che manda in rovina Israele?”. Egli rispose: “Non io mando in rovina Israele, ma piuttosto tu e la tua casa, perché avete abbandonato i comandi del Signore e tu hai seguito i Baal. Perciò fa’ radunare tutto Israele presso di me sul monte Carmelo, insieme con i quattrocentocinquanta profeti di Baal e con i quattrocento profeti di Asera, che mangiano alla tavola di Gezabele”.

Acab convocò tutti gli Israeliti e radunò i profeti sul monte Carmelo. Elia si accostò a tutto il popolo e disse: “Fino a quando salterete da una parte all’altra? Se il Signore è Dio, seguitelo! Se invece lo è Baal, seguite lui!”. Il popolo non gli rispose nulla. Elia disse ancora al popolo: “Io sono rimasto solo, come profeta del Signore, mentre i profeti di Baal sono quattrocentocinquanta. Ci vengano dati due giovenchi; essi se ne scelgano uno, lo squartino e lo pongano sulla legna senza appiccarvi il fuoco. Io preparerò l’altro giovenco e lo porrò sulla legna senza appiccarvi il fuoco. Invocherete il nome del vostro dio e io invocherò il nome del Signore. Il dio che risponderà col fuoco è Dio!”. Tutto il popolo rispose: “La proposta è buona!”.

Elia disse ai profeti di Baal: “Sceglietevi il giovenco e fate voi per primi, perché voi siete più numerosi. Invocate il nome del vostro dio, ma senza appiccare il fuoco”. Quelli presero il giovenco che spettava loro, lo prepararono e invocarono il nome di Baal dal mattino fino a mezzogiorno, gridando: “Baal, rispondici!”. Ma non vi fu voce, né chi rispondesse. Quelli continuavano a saltellare da una parte all’altra intorno all’altare che avevano eretto. Venuto mezzogiorno, Elia cominciò a beffarsi di loro dicendo: “Gridate a gran voce, perché è un dio! È occupato, è in affari o è in viaggio; forse dorme, ma si sveglierà”. Gridarono a gran voce e si fecero incisioni, secondo il loro costume, con spade e lance, fino a bagnarsi tutti di sangue. Passato il mezzogiorno, quelli ancora agirono da profeti fino al momento dell’offerta del sacrificio, ma non vi fu né voce né risposta né un segno d’attenzione.

Elia disse a tutto il popolo: “Avvicinatevi a me!”. Tutto il popolo si avvicinò a lui e riparò l’altare del Signore che era stato demolito. Elia prese dodici pietre, secondo il numero delle tribù dei figli di Giacobbe, al quale era stata rivolta questa parola del Signore: “Israele sarà il tuo nome”. Con le pietre eresse un altare nel nome del Signore; scavò intorno all’altare un canaletto, della capacità di circa due sea di seme. Dispose la legna, squartò il giovenco e lo pose sulla legna. Quindi disse: “Riempite quattro anfore d’acqua e versatele sull’olocausto e sulla legna!”. Ed essi lo fecero. Egli disse: “Fatelo di nuovo!”. Ed essi ripeterono il gesto. Disse ancora: “Fatelo per la terza volta!”. Lo fecero per la terza volta. L’acqua scorreva intorno all’altare; anche il canaletto si riempì d’acqua. Al momento dell’offerta del sacrificio si avvicinò il profeta Elia e disse: “Signore, Dio di Abramo, di Isacco e d’Israele, oggi si sappia che tu sei Dio in Israele e che io sono tuo servo e che ho fatto tutte queste cose sulla tua parola. Rispondimi, Signore, rispondimi, e questo popolo sappia che tu, o Signore, sei Dio e che converti il loro cuore!”. Cadde il fuoco del Signore e consumò l’olocausto, la legna, le pietre e la cenere, prosciugando l’acqua del canaletto. A tal vista, tutto il popolo cadde con la faccia a terra e disse: “Il Signore è Dio! Il Signore è Dio!”. Elia disse loro: “Afferrate i profeti di Baal; non ne scappi neppure uno!”. Li afferrarono. Elia li fece scendere al torrente Kison, ove li ammazzò.

Elia disse ad Acab: “Va’ a mangiare e a bere, perché c’è già il rumore della pioggia torrenziale”. Acab andò a mangiare e a bere. Elia salì sulla cima del Carmelo; gettatosi a terra, pose la sua faccia tra le ginocchia. Quindi disse al suo servo: “Sali, presto, guarda in direzione del mare”. Quegli salì, guardò e disse: “Non c’è nulla!”. Elia disse: “Tornaci ancora per sette volte”. La settima volta riferì: “Ecco, una nuvola, piccola come una mano d’uomo, sale dal mare”. Elia gli disse: “Va’ a dire ad Acab: “Attacca i cavalli e scendi, perché non ti trattenga la pioggia!””. D’un tratto il cielo si oscurò per le nubi e per il vento, e vi fu una grande pioggia. Acab montò sul carro e se ne andò a Izreèl. La mano del Signore fu sopra Elia, che si cinse i fianchi e corse davanti ad Acab finché giunse a Izreèl.

Punti per la meditazione

“Sei tu colui che manda in rovina Israele?”(v.17). Spesso il profeta biblico è associato alla sventura alla sfortuna, tanto che è divenuta proverbiale l’espressione “essere profeti di sventura”. In realtà, il profeta, come nel nostro caso, si comporta come il medico, che non è responsabile o causa della malattia del paziente, ma colui che ne sa cogliere i sintomi per proporre la cura. Elia vede nella siccità in cui è incorso il regno di Acab un simbolo dell’aridità spirituale da cui il regno è avvolto, a causa dell’idolatria incoraggiata dal re e da sua moglie Gezabele.

“Se il Signore è Dio, seguitelo! Se invece lo è Baal, seguite lui!” (v. 20).Il profeta è l’uomo dell’alleanza. Ha molto chiaro chi è l’unico Dio, l’amante della vita (Sap 11,29), l’unico capace di prendersi cura dell’uomo perché ne è stato il liberatore, come tutta la vicenda dell’esodo ha mostrato. Di fronte a lui non si può rimanere neutrali “saltando da una parte all’altra” o, come diremmo noi, “tenendo un piede in due scarpe”. Con grande realismo, il profeta invita alla verifica sperimentale. In fondo è facile capire da che parte stare, se solo ci si schiera e si esce dalla zona grigia dell’indecisione. Talvolta una scelta decisa nel male può far correggere il tiro più che tanti tentennamenti tra l’uno e l’altro.

“Io sono rimasto solo, come profeta del Signore, mentre i profeti di Baal sono quattrocentocinquanta. Ci vengano dati due giovenchi” (v. 23). Il profeta non segue le opinioni della moltitudine anche a costo di rimanere solo, perché sa per esperienza chi è Dio.    Non da ascolto ai sondaggi di opinione, ma segue il suo cuore. Al tempo stesso non solo interpreta ma anche offre dei segni, affinché la fede del popolo sia stimolata. Qui non ha paura di sfidare i profeti di Baal sul loro stesso terreno. Chi è in grado di essere efficace?

“Elia cominciò a beffarsi di loro dicendo:”Gridate a gran voce, perché è un dio! È occupato, è in affari o è in viaggio; forse dorme, ma si sveglierà” (v. 27). Elia si sente molto sicuro al punto da prendere in giro i profeti che, nonostante tutti i loro sforzi, non riescono a far scendere in campo il loro dio. I sentimenti e i pensieri che Elia attribuisce ai profeti di Baal talvolta sono anche i nostri. Anche noi spesso pensiamo che Dio sia occupato altrove, sia addormentato, come Gesù durante la traversata del lago (Mc 4,35-41)…, che si sia dimenticato di noi. Questo accade quando consideriamo Dio alla stregua di un idolo, un prolungamento del nostro io che deve soddisfare le nostre richieste nei tempi e noi modi che noi abbiamo stabilito.

“Rispondimi, Signore, rispondimi, e questo popolo sappia che tu, o Signore, sei Dio e che converti il loro cuore!” (v.37). Elia ha molto chiaro che quanto sta per avvenire non è opera sua, anche se non può avvenire senza il suo concorso. Il profeta non è un superuomo, come le vicende successive al nostro episodio confermano, è uno fragile come noi che però ha sperimentato la forza, la vicinanza e la costante presenza di Dio nella propria vita. La vera battaglia del profeta è contro la propria incredulità e le proprie paure.

Cadde il fuoco del Signore (v.38). Ciò che il Signore non ci fa mai mancare è il suo fuoco, simbolo del suo Spirito, del suo amore e della sua presenza. Lo Spirito è Dio è lui che si rende concreto e operante nella nostra vita, alle volte per farci uscire da ciò che ci imprigiona e ci impedisce di vivere, come qui viene simbolicamente rappresentato nell’uccisione dei falsi profeti,  altre volte per rinforzare la pianticella di una nuovo vita che è cominciata. È questo il dono da chiedere vincendo la paura e il pregiudizio che sia troppo poco, che non sia la medicina giusta, ciò di cui abbiamo realmente bisogno.