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Introduzione al Cantico dei Cantici

di Jean Paul Hernàndez

(tratto da “Il cantico dei cantici, Lectio biblica“, Bologna, pro manuscripto)

Profumo versato è il tuo nome (Ct 1,3)

 Analizziamo il testo di questi primi versetti del Cantico.  

  • il ribaltamento delle metafore: dal ‘Dio è come ‘ al ‘Dio è’
  • l’esperienza credente

Il Cantico dei Cantici fa parte di questo fenomeno nella Scrittura e nel popolo di Dio, che si può chiamare il ribaltamento delle metafore.

Forse sapete che molte delle cose che crediamo, o che diciamo nella fede, in realtà  nella storia biblica sono iniziate  come delle  metafore. Un esempio è la stessa  resurrezione dei corpi . All’inizio, nell’epoca arcaica, nessuno in Israele pensava alla resurrezione, credeva nella resurrezione dei corpi come è invece sottolineato nella fede e nella tradizione cristiana.

Come inizia questo maturare? La resurrezione dei corpi inizia con una metafora, con un’immagine bellissima che Ezechiele inventa, o riprende da altrove e dice: “Quando torneremo dall’esilio, sarà come un uscire dalle tombe, sarà come uscire fisicamente da una tomba”. Poi dopo, però, il popolo credente nella preghiera e nell’esperienza di vita dice: “Ma guarda che immagine! E’ forte, no?” Questa immagine, che all’inizio era servita  per dire qualcosa di Dio, alla fine viene presa come una verità, dove Dio agisce. La resurrezione non è più una metafora, ma veramente noi crediamo nella  resurrezione dei corpi

Altro esempio è il rapporto con la creazione, con la natura. Ci sono tante metafore per dire Dio : “Dio tu sei una roccia…, sei l’acqua (della sorgente)…”. Metafore che hanno aiutato a capire qualcosa su Dio, poi la storia e l’esperienza credente ribaltano questa metafora e dice: “Se io ho scoperto chi è Dio, allora so che sta anche nella creazione, ci sta anche quando io contemplo la bellezza della natura, ci sta anche quando io ascolto il sussurro di una cascata…, dell’acqua…, quando io mi fermo su una roccia. Il Signore è in tutte le cose,( il Signore è l’acqua, il Signore è la roccia).

Questo ribaltamento è quello che fa il Cantico con l’amore fisico, con il corpo, con la sensualità, con la sessualità.

La Bibbia è piena di metafore sessuali, piena, dall’inizio alla fine.  Per lo più sono servite per dire chi è Dio, per lo più sono servite ad aiutare le persone a mettersi in relazione con questo Dio innamorato dell’uomo, che ha perso la testa per l’uomo, che è fedele come uno ‘sposo fedele’.

Ezechiele, Isaia, Geremia, Osea, tanti profeti dicono: “Noi siamo questa sposa, Israele è questa sposa e Dio è lo sposo”: è una metafora, è un’immagine. Ad un certo momento questa metafora si ribalta e dice: “Ma noi crediamo anche che l’amore fisico, la sessualità, i nostri sensi siano luogo di Dio, luogo dell’esperienza di Dio, luogo dove io incontro Dio, in pienezza, anzi forse la corporeità è quel compimento ultimo dell’incontro con Dio”.

E con gli occhi del N.T. noi non crediamo nell’immortalità di un anima asettica o separata dal corpo, ma crediamo in una resurrezione dei corpi : la resurrezione è una cosa fisica, di sensi, è l’esplosione dei sensi, dei piaceri. Il piacere non è contrario a Dio, ma è il compimento dell’incontro con Dio. Questo è il ribaltamento della metafora del piacere, della relazione sessuale, della relazione dei corpi. Non è più metafora, allora. Non è più allegoria. Non è più dire una parola, ma in realtà intendere un’altra cosa, (come): “Ma no… l’importante poi è l’interiorità…”. No, no. Trovare Dio nel mio corpo, trovare Dio nei miei sensi: questo è il compimento, questa è la resurrezione nella quale poi noi crediamo, nella quale i cristiani credono.

Questo testo non fa quasi nessun accenno a Dio, è il racconto di un amore fisico, passionale fra un uomo e una donna. E l’evento non è tanto che cerca qua e là di dire: “Sì, sì, ma attenzione che io sto parlando di Dio, non sto mica parlando di due che vanno a letto insieme…”. No, no, l’evento è che questo racconto della sensualità e della passionalità fra due che si amano è inserito nel canone biblico, nella parola di Dio. Questo è l’evento, già prima di Cristo ovviamente.

Già nella tradizione rabbinica del I secolo a.C. si dice: “Questo testo è la chiave delle Scritture”. “Questo testo è il ‘Santo dei Santi’ “, diceva un Rabbino del I sec.. Oppure, un altro testo di un altro Rabbino: “Nessun giorno è paragonabile a quel giorno in cui Adonai – il Signore – ha regalato questo testo ad Israele”.

L’evento di questo amore fisico, carnale, umano fa parte del  canone, è parola di Dio. Allora, se l’amore umano è parola di Dio, io nell’amore umano trovo Dio, io nella relazione fisica trovo Dio. Questa è la ‘chiamata’ di questo testo, questo è l’itinerario di questo testo, questa è la ‘sapienza’ di questo testo; è un testo Sapienziale, il che vuol dire quella categoria di testi dell’A.T. che spiegano l’arte di vivere. La ‘sapienza’ in ebraico si dice hocma, che significa prima di tutto l’abilità di un artigiano, che sa maneggiare i suoi strumenti, sa lavorare con la materia che gli è messa  fra le mani. Ecco, maneggiare la nostra vita, allora è un libro per saper maneggiare ciò che ci viene dato concretamente nella nostra vita, è un libro di ‘sapienza’.

Cantico dei Cantici è un superlativo ebraico, è come dire il massimo dei cantici, il più bello dei cantici. Una traduzione in spagnolo molto bella è di un grande biblista – Alonso Shöekel – che lo intitola così : “El Cantar mas bello”, il più bello delle canzoni, di ciò che si canta.

Questo superlativo in genere nella Bibbia viene usato per descrivere qualcosa di divino, non è soltanto il più bello dei cantici, ma nel titolo c’è forse l’unico, piccolo accenno, molto implicito per dire che stiamo per entrare in qualcosa di divino. L’altro unico accenno in tutto il testo, l’unico accenno per dire che c’è una dimensione in più, o meglio per dire che questo amore fisico è il luogo dell’amore di Dio è che il dodì – dodì è lo ‘amato’, in ebraico – viene ripetuto molte volte nel testo, questo ‘amato’ viene ripetuto ventisei volte (nell’epoca ellenistica, in cui probabilmente è stato scritto questo testo, probabilmente nel III sec., andavano matti per questi giochi  numerici e ventisei volte corrisponde alla somma numerica delle singole lettere del tetragramma, del nome di Dio, di JWHE). Dunque questo  dodi’  è Dio, ma è anche il dodi’  vero, è anche il dodi’  fisico, è anche l’uomo, è anche ciascuno di noi, è anche il partner dei nostri amori, che è divino.

Questi sono gli unici accenni ad un’altra dimensione.

Allora il Cantico dei Cantici è il più bello dei cantici, è il Canto divino, il Canto di Dio, il Canto che fa Dio, il Canto che Dio canta, si potrebbe dire così: l’amore umano, fisico, è il canto che Dio canta.

Come ascoltare la voce di Dio? Dove ascoltare ciò che Dio canta? Guardando l’amore umano. Allora questo libro, il Cantico dei Cantici, è come un ‘orecchiare’ al cuore di Dio, è come un mettere la testa sul petto del Signore, come fa Giovanni nell’ultima cena, e ascoltare, ‘orecchiare’. Che cosa canta Dio nel suo cuore? Dio canta un poema d’amore, un poema erotico: questo è quello che Dio canta, l’eros.

1 [1] – Cantico dei Cantici, che è di Salomone.

La traduzione CEI è eccellente, Tra l’altro è di grande poesia. Se guardate la parte bassa del foglio distribuito, trovate una traduzione non tanto proponibile, ma ho tradotto alcuni termini nella loro crudezza e anche banalità di proposito. Poi la traduzione CEI è una traduzione molto poetica, che va molto bene, è azzeccatissima, assai efficace e almeno in questi versetti è eccellente, ma ho voluto mostrare anche altre possibilità.

La prima altra possibilità è che il lamed (questa letterina sarebbe la elle che c’è in ebraico davanti alla parola Salomone) significa ‘di’ – il ‘lamed auctoris‘ si dice, lo ‘autore è‘, è l’appartenenza, sarebbe come un ‘genitivo di autore’ -, ma anche ‘per’, stranamente. Allora il Cantico dei Cantici  è ‘di Salomone’, di questo re al quale si attribuiscono leggendariamente molte cose, ma anche  ‘per Salomone’, e allora vediamo i due significati possibili.

  •  il Cantico di Salomone

Il C. dei C. ‘è di Salomone’, il re sapiente per eccellenza.

Probabilmente questo titolo è stato scritto dopo il testo e l’Autore, o chi ha introdotto questo testo nel canone, ha dovuto dire che il C. dei C. è ‘di Salomone’ per far accettare l’inserimento di una poesia erotica nel canone stesso. Come si sarebbe potuto escludere dall’elenco dei libri ispirati o importanti per la preghiera qualche cosa che Salomone aveva scritto? Salomone è la Sapienza, è il Sapiente, è il re sapiente. Dunque è un insegnamento di vita, come vivere? Come vivere secondo il cuore di Dio? Qual’è la Sapienza? La vera Sapienza è questa qua. Questo è un po’ sorprendente: la Sapienza proposta come una passione di amore. La vera Sapienza non è uno stare lì a pensare quarantamila volte le cose, non è uno studiare chissà quali segreti, ma è la passione di un amore che ti trasporta, ti capovolge. Questa è la Sapienza secondo il cuore di Dio. Questa è la Sapienza secondo colui che si ferma ad ‘orecchiare’ il cuore di Dio. Da lì imparerai: dalle tue passioni, dalla tua passione, dal tuo desiderio di amore, dal tuo amore imparerai a vivere.

  • il Cantico per Salomone

Ma anche che è ‘per Salomone’. Voi ricordate forse che Salomone all’inizio del suo incarico aveva avuto un sogno importante, quando era ancora giovane re, in cui Dio gli aveva detto : “Mi puoi chiedere quello che vuoi. Adesso che tu inizi ad essere re su Israele chiedimi quello che vuoi”. E lui non aveva chiesto lunga vita, vittoria sui nemici, molta ricchezza, ma la Sapienza del cuore. Ha chiesto la Sapienza del cuore e allora Dio gli racconta questa Sapienza del cuore. Allora questo canto per Salomone è la risposta di Dio a questa richiesta di Salomone: “Mi hai chiesto la Sapienza? Ebbene io ti racconto una storia di Sapienza: l’amore fra una uomo e una donna”.

E Salomone allora è ciascuno di noi. Salomone è ciascuno di noi che chiede la Sapienza. Salomone è questo nostro bisogno di sapere come vivere, che cosa devo fare nella vita.

Proporre la Sapienza come ‘passione di amore’ è risalire agli ultimissimi versetti della Genesi prima del peccato. Il collegamento è fine di Genesi  2 :

Gen 2 [2] – Allora l’uomo disse :
“Questa volta essa
è carne della mia carne
e osso delle mie ossa.
La si chiamerà donna
perché dall’uomo è stata tolta”.

Questa scissione, questa distinzione fra uomo e donna (che riceve una costola, deriva dal costato, con questa divisione a metà) lascerà sempre questa nostalgia profonda, questo desiderio, che fa nascere questo desiderio e questo è la Sapienza, questo è il luogo della Sapienza: a lì si risale per dire che cos’è la Sapienza, a prima del peccato.

Allora il C. dei C. è come una storia di purificazione dal peccato, è come risalire a prima del peccato.

Scoprire Dio nelle nostre passioni è la purificazione dal peccato. Scoprire Dio nella nostra sensualità, nel nostro corpo è il massimo, è appunto il massimo della resurrezione, è la vittoria sul peccato.