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La risurrezione di Gesù è un evento storico?

Tratto da E. Castellucci, La vita trasformata. Saggio di escatologia, Cittadella Assisi 2010, 237-238.

La risurrezione di Gesù si può definire un evento “storico”? E se si può in che senso? Un’impostazione oggettivistica, tipica dei manuali precedenti il Vaticano II, presentava la risurrezione di Gesù come fatto storico sic et simpliciter, dimostrabile attraverso le “prove” del sepolcro vuoto e delle apparizioni.  Al contrario un’impostazione soggettivistica, tipica della linea teologica che si riallaccia a  Bultmann e a Marxen, afferma invece che la risurrezione di Gesù non è altro che una delle categorie interpretative possibili per indicare quanto è avvenuto nei discepoli dopo la morte del loro maestro: niente di “storico”, dunque, sarebbe capitato a Gesù. Né l’una né l’altra posizione rendono adeguatamente conto dei dati neotestamentari a nostra disposizione. La risurrezione infatti presenta agganci storici ma nello stesso tempo supera la storia… J.

Alfaro interpreta certamente la maggior parte degli studiosi contemporanei, quando scrive: “la Risurrezione di Cristo è un avvenimento reale; però a rigor di termini, non è un avvenimento storico, poiché non accade nel tempo e nello spazio; al contrario, è superamento  del tempo e dello spazio, trasformazione dell’esistenza temporale intramondana in un’esistenza radicalmente nuova, pienamente divinizzata”. L’evento della risurrezione è dunque mistero per eccellenza, sia perché a priori si deve ritenere che – se questo evento è l’inizio di una vita trasfigurata –  esso supera la storia, sia perché, a posteriori, si constata che esso, a differenza dei dati che riguardano l’annuncio ad opera dei discepoli, le apparizioni e il sepolcro vuoto, non gode di diretta documentazione  viene espresso con una molteplicità di immagini e categorie che ne preservano il nucleo, sottraendolo alla diretta immagine storica. Però, sebbene non indagabile in sé  con i metodi della storia, l’evento della  risurrezione  di Gesù non è evento mitico ed ha a che fare con la storia: anzi, la determina fondamentalmente, perché è il corpo storico di Gesù che risorge dalla morte e viene trasfigurato, e attraverso questo evento la storia stessa  riceve un centro e un significato.

La risurrezione di Gesù è perciò evento di Cristo e della Chiesa insieme, poiché a costituirlo vi concorrono sia il fatto oggettivo del risorgere di Gesù dai morti sia il fatto soggettivo della fede dei discepoli. Oggettivismo e soggettivismo dimenticano, rispettivamente,  la componente essenziale della fede dei discepoli e la priorità fattuale dell’evento realizzatosi nella persona di Cristo.  Quando si cancella l’uno o l’altro dei due poli, la risurrezione di Gesù non ha più rilevanza “escatologica”: se si riduce l’evento della risurrezione ad un fatto oggettivo e storico capitato a Gesù, non rimane alcun margine sopra-storico e quindi non si comprende in quale senso quell’evento dovrebbe avere significato per tutti gli uomini; se, al contrario, si riduce la risurrezione di Gesù ad un cambiamento verificatosi nell’intimo dei discepoli, senza alcun evento fattuale nella persona di Gesù, non rimane alcun aggancio storico fondato, e quindi non si capisce in che senso quell’evento potrebbe riguardare uomini che vivono nella storia. Solo la compresenza di elementi oggettivi e  soggettivi garantisce il carattere “escatologico” – storico e metastorico insieme –  della risurrezione di Gesù.

La risurrezione di Gesù getta così una luce escatologica sulla storia umana, mostrandone una direzione e un senso, perché ormai ne ha svelato il centro: la vittoria dell’amore di Dio sulla morte.

La risurrezione di Gesù è l’evento escatologico per eccellenza, poiché rappresenta l’intervento definitivo e insuperabile di Dio nella storia umana. Ha ragione W. Breuning: “l’unico motivo davvero determinante che fonda, come un dato reale,  le speranze dell’uomo in un adempimento insuperabile, è e rimane la risurrezione di di Gesù”. Qui si appunta tutta la speranza cristiana: esiste una un amore che vince la morte, l’amore di Dio. Dunque “l’immortalità per la fede cristiana ha fondamentalmente a che fare con l’amore. Solo l’ Eterno è amore. Come amore Dio è eternità”.