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Il cenacolo

di Marco Tibaldi

(tratto da M. Tibaldi, La Porta del cielo, ETS, Milano 2013)

Dono da chiedere nella preghiera

  1. Sperimentare l’amore di Gesù disposto a farsi cibo e bevanda per dei peccatori

Mt 26

«Venuta la sera, si mise a mensa con i Dodici. Mentre mangiavano disse: In verità vi dico, uno di voi mi tradirà. Ed essi, addolorati profondamente, incominciarono ciascuno a domandargli: Sono forse io Signore? Ed egli rispose: “colui che ha intinto con me la mano nel piatto, quello mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va, come è scritto di lui, ma guai a colui dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito; sarebbe meglio per quell’uomo se non fosse mai nato! Giuda il traditore disse: Rabbì, sono forse io? Gli rispose : Tu l’hai detto.» Ora, mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: “Prendete e mangiate; questo è il mio corpo”. Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo: “Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati. Io vi dico che da ora non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio”.

L’episodio nel suo contesto

Nel cenacolo si ricorda l’ultima cena di Gesù, l’istituzione dell’eucaristia fonte e culmine della vita della Chiesa. Siamo in un certo senso al culmine di tutta la storia di Gesù, che non a caso ha detto “fate questo in memoria di me”. Cosa è successo nell’ultima cena? Perché è così importante? Qui Gesù ha dichiarato la sua disponibilità a farsi cibo e bevanda per tutti, anche per coloro, come i discepoli, che ormai avevano in animo di tradirlo (Giuda), di rinnegarlo (Pietro) o di abbandonarlo, come faranno di lì a poco tutti al momento dell’arresto. L’ultima cena, l’eucaristia ci introduce nel mistero d’amore e di dedizione di Gesù che si compierà nella morte di croce ed avrà il suo suggello nella sua risurrezione.

Punti per la meditazione

Sono forse io Signore? Questa frase rivela il cuore dei discepoli: tutti avevano preso in seria considerazione l’ipotesi di tradirlo, altrimenti alla domanda di Gesù non si sarebbero sentiti chiamati in causa come invece è avvenuto. Una lettura superficiale dei vangeli infatti intende ‘scaricare’ tutto il peso della decisione del tradimento solo su Giuda, mentre come vediamo è una decisione pressoché inevitabile. Davanti allo stile di Gesù, lo spreco dell’amore, la gratuità, l’amicizia offerta a tutti, la disponibilità a morire ingiustamente, tutti prima o poi, pensano che sia pazzo, che non sappia sfruttare bene i suoi poteri e che quindi alla fine sia da ‘consegnare’.

Anziché consegnarsi totalmente a Lui (tradire vuol dire consegnare) preferiscono consegnare lui… é una buona notizia perché Gesù, a occhi aperti, ha amato ciascuno di loro e quindi ciascuno di noi nessuno escluso. Giuda il traditore disse… La situazione di crisi in cui si viene a trovare la sua missione non ferma Gesù, che ha sempre più chiaro che il suo centro consiste nell’accettare e vivere in modo radicalmente nuovo l’esperienza ormai prossima della morte. Questo si vede molto bene nel modo con cui Gesù affronta il rapporto con i suoi discepoli, con Giuda e Pietro in modo particolare, nel momento dei festeggiamenti della pasqua del 30, il momento dell’ultima cena, dell’istituzione dell’eucarestia, della sua passione morte e resurrezione. L’incomprensione per la missione di Gesù, per il suo modo di essere il Messia hanno portato Giuda alla sofferta decisione del tradimento. È una decisione complessa che non è stata certamente presa a cuor leggero da uno che aveva condiviso tutto con Gesù per tre anni.

Ascoltiamo a questo proposito il parere del card. Carlo Maria Martini «Probabilmente (Giuda) è deluso da Gesù. Non possiamo pensare che Gesù, fin dall’inizio, abbia scelto così male da non accorgersi che quell’uomo non aveva nessun interesse per lui. Probabilmente era un apostolo desideroso, entusiasta, impegnato, però dopo un po’ di tempo, è deluso di Dio: perché Dio si manifesta così, perché Dio non interviene, perché questo Maestro va di debolezza in debolezza? Non è accettabile, Dio non è con lui! E’ deluso di come Dio si manifesta in Gesù e di come Gesù manifesta la potenza di YHWH, in cui egli sperava forse come potenza di rinascita politica e morale della nazione. Gesù non è il leader che si aspettava e, se non lo è, tanto vale perseguire il proprio sogno di grandezza mettendosi contro di lui» (C.M. Martini, I racconti della passione, Brescia 1994, p. 47).

Ma guai a colui… La decisione di Giuda quindi offre l’occasione per l’arresto di Gesù, ma è anche una decisione che Gesù non subisce passivamente. Le parole di Gesù non vogliono essere uno sfogo o una maledizione anche se suonano in questo modo: «Più che un giudizio sulla sorte finale di Giuda le parole di Gesù sono un richiamo, valido per tutti i discepoli, circa la gravità del comportamento del discepolo che è venuto meno all’impegno di fedeltà. Giuda rappresenta il caso limite di quella crisi di perseveranza nella quale può essere coinvolto ogni membro della comunità cristiana… La frase “sarebbe meglio per quell’uomo che non fosse mai nato” è un modo di dire iperbolico che si riscontra nei testi giudaici per marcare la gravità di un comportamento o situazione» (R. Fabris, Matteo, Roma 1982, p. 525). Cosa intende allora dire Gesù con il suo discorso a Giuda?

Tu l’hai detto… Il tono lapidario con cui l’evangelista ci riporta questo dialogo, non deve farci sfuggire l’insieme di implicazioni che esso comporta e che un’analisi attenta del contesto entro cui vengono pronunciate può rivelare. Innanzitutto notiamo che Gesù parla a Giuda personalmente senza che gli altri intendano. Questo dato è molto importante perché qui Giuda ha la prova che Gesù pur sapendo del suo tradimento non lo vuole eliminare, non intende svergognarlo davanti agli undici, il che equivarrebbe probabilmente ad una condanna a morte. Come avrebbe, infatti, reagito uno come Pietro all’annuncio che il traditore era lì in mezzo a loro, lui che, come sappiamo dall’episodio dell’arresto di Gesù, era armato di una spada ed era intenzionato ad usarla?(Gv 18,10). Inoltre Gesù non tenta nemmeno di colpevolizzarlo, ma con il discorso successivo dell’istituzione dell’eucarestia fa capire chiaramente a Giuda ed agli altri che è disposto a morire per loro, a farsi cibo e bevanda.

Con il gesto di identificare il suo corpo nel pane e il suo sangue nel vino Gesù afferma che è disposto a ‘farsi mangiare’ dai discepoli e da tutti, ovvero è disposto a morire per loro. Nel contesto della storia concreta in cui si trova questo vuol dire che Gesù resta ‘alleato’ di Giuda che lo tradisce come anche di Pietro che di lì a poco lo rinnega e di tutti i discepoli che poi fuggiranno lasciandolo solo. In questo modo Gesù vuol far capire che è veramente disposto a morire per Giuda e tutti gli altri anche se non condivide le loro scelte. Gesù “redime” i peccati, ovvero è disposto a “finanziare” (‘redimere’ significa letteralmente ‘ricomprare’), con la sua vita, tutti i folli progetti dell’uomo che, come quello di Giuda, cercano di ricavare qualcosa di buono alle spese di qualcun altro. Gesù ha fatto capire di non condividere queste scelte, però non si vuole arrogare l’ultima parola e pur invitando l’uomo/Giuda a desistere dal suo progetto, se questi intenderà mantenerlo, lui non si tirerà indietro e si dichiara disposto fino a morire pur di dimostrare la sua fraterna amicizia (Mt 26,50).