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La notte della paura

Gli Israeliti sono finalmente in fuga e Dio decide di non farli andare nella terra promessa per la strada più breve, il passaggio per i territori dei ‘Filistei’, per non scoraggiarli con possibili battaglie. Li guida invece per la strada del deserto verso il Mare Rosso. Dopo alcuni andirivieni si ritrovano accampati davanti a Pi-Achirot, tra Migdol e il mare, davanti a Baal-Zafon.

Il faraone, appena viene a sapere che Israele se ne è andato, come lui stesso gli aveva ingiunto di fare, si pente nuovamente morso dalla paura di aver perso qualcosa: “Che abbiamo fatto lasciando partire Israele, così che più non ci serva!” (Es 14,5).

La paura ha nuovamente accecato il cuore del faraone e la sua capacità di giudizio: poco prima aveva riconosciuto che tramite la sua ostinazione la maledizione era calata sul suo paese fino a colpirlo in quanto si ha di più caro, i primogeniti, ora una preoccupazione di origine economica offusca di nuovo il quadro facendo perdere i riferimenti. Il faraone allora con tutto l’esercito si lancia all’inseguimento di Israele.

Dono da chiedere nella preghiera:

Sperimentare che nel nome del Signore si possono attraversare i mari delle nostre paure come ha fatto Mosè con il popolo

10 Quando il faraone si avvicinò, i figli d’Israele alzarono gli occhi; ed ecco, gli Egiziani marciavano alle loro spalle. Allora i figli d’Israele ebbero una gran paura, gridarono al SIGNORE, 11 e dissero a Mosè: «Mancavano forse tombe in Egitto, per portarci a morire nel deserto? Che cosa hai fatto, facendoci uscire dall’Egitto? 12 Era appunto questo che ti dicevamo in Egitto: “Lasciaci stare, ché serviamo gli Egiziani!” Poiché era meglio per noi servire gli Egiziani che morire nel deserto». 13 E Mosè disse al popolo: «Non abbiate paura, state fermi e vedrete la salvezza che il SIGNORE compirà oggi per voi; infatti gli Egiziani che avete visti quest’oggi, non li rivedrete mai più. 14 Il SIGNORE combatterà per voi e voi ve ne starete tranquilli». 15 Il Signore disse a Mosè: «Perché gridi verso di me? Ordina agli Israeliti di riprendere il cammino. 16 Tu intanto alza il bastone, stendi la mano sul mare e dividilo, perché gli Israeliti entrino nel mare all’asciutto. 17 Ecco io rendo ostinato il cuore degli Egiziani, così che entrino dietro di loro e io dimostri la mia gloria sul faraone e tutto il suo esercito, sui suoi carri e sui suoi cavalieri. 18 Gli Egiziani sapranno che io sono il Signore, quando dimostrerò la mia gloria contro il faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri».
19 L’angelo di Dio, che precedeva l’accampamento d’Israele, cambiò posto e passò indietro. Anche la colonna di nube si mosse e dal davanti passò indietro. 20 Venne così a trovarsi tra l’accampamento degli Egiziani e quello d’Israele. Ora la nube era tenebrosa per gli uni, mentre per gli altri illuminava la notte; così gli uni non poterono avvicinarsi agli altri durante tutta la notte.
21 Allora Mosè stese la mano sul mare. E il Signore, durante tutta la notte, risospinse il mare con un forte vento d’oriente, rendendolo asciutto; le acque si divisero. 22 Gli Israeliti entrarono nel mare asciutto, mentre le acque erano per loro una muraglia a destra e a sinistra. 23 Gli Egiziani li inseguirono con tutti i cavalli del faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri, entrando dietro di loro in mezzo al mare.
24 Ma alla veglia del mattino il Signore dalla colonna di fuoco e di nube gettò uno sguardo sul campo degli Egiziani e lo mise in rotta. 25 Frenò le ruote dei loro carri, così che a stento riuscivano a spingerle. Allora gli Egiziani dissero: «Fuggiamo di fronte a Israele, perché il Signore combatte per loro contro gli Egiziani!».
26 Il Signore disse a Mosè: «Stendi la mano sul mare: le acque si riversino sugli Egiziani, sui loro carri e i loro cavalieri».
27 Mosè stese la mano sul mare e il mare, sul far del mattino, tornò al suo livello consueto, mentre gli Egiziani, fuggendo, gli si dirigevano contro. Il Signore li travolse così in mezzo al mare. 28 Le acque ritornarono e sommersero i carri e i cavalieri di tutto l’esercito del faraone, che erano entrati nel mare dietro a Israele: non ne scampò neppure uno. 29 Invece gli Israeliti avevano camminato sull’asciutto in mezzo al mare, mentre le acque erano per loro una muraglia a destra e a sinistra. 30 In quel giorno il Signore salvò Israele dalla mano degli Egiziani e Israele vide gli Egiziani morti sulla riva del mare; 31 Israele vide la mano potente con la quale il Signore aveva agito contro l’Egitto e il popolo temette il Signore e credette in lui e nel suo servo Mosè.

Punti per la meditazione

  1. La scelta di Mosè: in questa situazione estrema Mosè si rivolge a Dio chiedendo a lui cosa fare. Ha ormai maturato un atteggiamento molto diverso rispetto ai suoi primi tentativi di farsi liberatore del suo popolo. Mosè si è già trovato in una situazione simile: l’egiziano che malmenava il suo connazionale (Es 2,11-12). Questa volta però non reagisce come allora, impulsivamente, “di testa sua”, ma con grande forza d’animo accetta di invocare il Dio in cui ha creduto fino ad ora.
  2. La strategia dell’ascolto: la sua reazione può essere riassunta in queste tre fasi: il grido, l’attesa, e l’obbedienza (Es 14,15-16). Il grido: come si vede dal dialogo con Dio (Es 14,15), anche Mosè ha paura, però a differenza dei suoi connazionali, probabilmente ammaestrato dalla riflessione fatta nei lunghi anni dell’esilio sulla sua esperienza precedente, anziché mettersi a gestire in proprio la situazione si affida a Dio e grida a Lui la sua paura. L’attesa: in secondo luogo, Mosè attende la risposta da Dio, come dice nel rassicurante discorso che fa ai suoi (Es 14,13-14), senza farsi condizionare dalla sensazione dominante di panico, di essere agli ultimi sgoccioli… L’obbedienza: in terzo luogo Mosè è capace di obbedire, continuando a fidarsi di Dio, anche in un momento come questo in cui la divina risposta è alquanto incomprensibile. Infatti l’idea di “entrare nel mare” (Es 14,16) non è sicuramente la più rassicurante. Dio inoltre gli propone di alzare il suo bastone sulle acque. Anche questa può sembrare una proposta curiosa quanto sproporzionata: cosa può fare un bastone contro il mare? Eppure è il segno della collaborazione che Mosè è invitato a dare, è il passo possibile che anche lui può fare per contribuire alla realizzazione della salvezza.
  3. La soluzione di Dio: La situazione sembra essere senza via di scampo e la ‘soluzione’ che Dio suggerisce a Mosè sembra essere un suicidio di massa: “segue, allora, l’ordine divino di riprendere il cammino e di entrare nel mare (Es 14,16.22), fidando interamente ed esclusivamente nella salvezza del Signore (“yeshuat JHWH”: Es 14,13). In termini collettivi si ripete qui la prova suprema di Abramo: se si obbedisce a Dio, al Dio dell’impossibile, fino alla morte (inclusa), si vince anche il mare e si cammina su di esso” (Rossi de Gasperis 1997, 120).
  •  Vincere le apparenze: è importante notare che di primo acchito la  soluzione proposta da Dio si presenta come un suicidio di massa, non sembra proprio una buona notizia: come  si può trovare una via nel mare che per l’ebreo è la custodia dei morti, il luogo dove vivono mostri terribili come il Leviatan, il segno inequivocabile del  caos da cui il mondo è stato salvato nella creazione?  Eppure questa è la soluzione più sapiente che solo poteva escogitare poiché è di nuovo la soluzione  che non implica  nessuna violenza. Non  implica il combattimento  da parte degli israeliti, combattimento che li avrebbe condotti ad una morte certa,  né implica il loro ritorno alla schiavitù, altra forma di morte, né tanto meno implica la morte del faraone e delle sue truppe.
  •  Una salvezza per tutti anche per il faraone: questi arrivando di fronte al mare che si è aperto per far passare gli ebrei si trova di fronte ad un nuovo bivio: che fare? È di nuovo di fronte ad un segno che lo provoca a prendere la giusta decisione: lasciarli partire come ha detto già per dieci volte…