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7° giorno Gerusalemme / Via Dolorosa
La notte nel sepolcro (Mc 14, 42-47)

La via Dolorosa è definita dalla fede, non dalla storia: nella notte del giovedì santo i pellegrini bizantini erano soliti recarsi in processione dalla chiesa Eleona (sul Monte degli Ulivi) al Calvario ed entravano in città vecchia dalla porta di S. Stefano, ma solo nel XVI sec. i francescani organizzarono un percorso devozionale per i pellegrini che volevano seguire le orme di Gesù a Gerusalemme.

Anche noi come gli antichi pellegrini, partendo dalla Porta dei Leoni e attraversando il quartiere arabo, visiteremo la chiesa di S. Anna e la Piscina Probatica. Da qui faremo alcune soste lungo la “Via Crucis di Gesù”: alla Chiesa della Flagellazione e al Museo Francescano; alla 7° e alla 9° stazione (dove si trova il patriarcato copto); al Monastero Russo dedicato a S. Alessandro Nevski, dove si trova una soglia che, a parere di alcuni archeologi, può essere messa in relazione con l’antica porta delle Mura di Gerusalemme che Gesù ha varcato per salire al Calvario. Finalmente raggiungeremo la Chiesa dell’Anastasis per una visita dettagliata di tutte le sue cappelle. Infatti la Chiesa è abitata dalle tante chiese d’oriente che nei secoli hanno costruito i propri altari: armeni, copti, greci, i latini e siriani.

Nel pomeriggio visiteremo a piedi il quartiere ebraico, cominciando dal Muro Occidentale, chiamato Kothel, per gli ebrei il muro dell’attesa: qui gli ebrei del vicino quartiere venivano a pregare e a piangere sulla distruzione del tempio e qui sino al 1967, le case giungevano a 4 metri dal Muro. Da questa prospettiva scorgeremo le cupole delle imponenti moschee islamiche di Al’Aqsa e della Roccia – non visitabili.

Gesù entra nel sepolcro, nella notte buia della morte. È il momento in cui si ricorda la sua entrata nel regno stesso della morte: gli inferi. Anche questa però è una buona notizia, preludio della sua risurrezione, come ricorda il teologo H.U von Balthasar: “Voleva sprofondare sì a fondo che ogni cadere sarebbe stato un cadere dentro di lui. E ogni rigagnolo dell’amarezza e della disperazione sarebbe d’ora in poi defluito giù fin al suo abisso più profondo. Nessun combattente è più divino di colui che è in grado di vincere con la sconfitta”